LA MALATTIA DI CROHN 4 - IL QUADRO ANATOMO-PATOLOGICO del Dr. Pietro Tonelli

11-10-2017 10:56 -

1. LE VARIE FORME E L´ASPETTO MACROSCOPICO DELLA MC

In questo capitolo descriverò le forme della MC, cioè le sue localizzazioni intestinali più comuni, e descrivendo queste descriverò anche come si presenta la malattia quando il chirurgo la incontra al tavolo operatorio e successivamente quando, come di consueto, esamina il pezzo operatorio sia esternamente che internamente.

Secondo la definizione classica, la MC è definita come una malattia infiammatoria cronica intestinale che può interessare qualsiasi parte dell´apparato digerente, dalla bocca all´ano. In realtà, nella mia attività di chirurgo non ho mai avuto l´occasione di conoscere casi di MC localizzata a livello della cavità orale (bocca), del faringe, dell´esofago e dello stomaco. Ho avuto occasione di curare due pazienti con una localizzazione duodenale.

Nella stragrande maggioranza di casi, ho quasi sempre avuto a che fare con pazienti con localizzazione a livello dell´ileo terminale in forma isolata (ileite terminale), in forma associata ad un interessamento del colon (ileocolite) e in pochi casi ad un interessamento del digiuno; in pochi casi si è trattato di localizzazioni a livello del colon in forma isolata (colite).

Stando ai dati epidemiologici, l´ileite e l´ileocolite insieme rappresentano la localizzazione più frequente della MC, rappresentando circa l´80% di tutti i casi di MC. Ed infatti, quando Burril B. Crohn (Gastroenterologo e direttore del Dipartimento di Gatroenterologia del Mount Sinai Hospital di New York) presentò la nuova malattia al Congresso dell´American Medical Association del 1932 a New Orleans, pubblicandola poco dopo sul JAMA del 1932 insieme a Leon Ginzburg e Gordon D. Oppenheimer (i due patologi appartenenti allo stesso Ospedale che avevano esaminato al microscopio i pezzi operatori che avevano permesso a Crohn di illustrare la "nuova" malattia in sede congressuale), riportò la sua esperienza che si fondava su 14 casi di ileite terminale.

In realtà, Crohn non fu il primo a descrivere questa malattia. Il primo in assoluto fu T. Kennedy Dalziel , un chirurgo scozzese che, 20 anni prima di B.B. Crohn, L. Ginzburg e G.D. Oppenhaimer, aveva operato nove casi di ileite, che, essendo un pescatore appassionato, paragonò l´ileo modificato dalla malattia ad un capitone, irrigidito dal rigor mortis. Il paragone era molto azzeccato perché il processo crohniano trasforma l´ileo in una sorta di tubo molto più grosso, più pesante e più rigido dell´ileo normale, rendendolo simile appunto ad un capitone o un tubo per innaffiare. Dopo averli esaminati al microscopico, T.K. Dalziel definì questa malattia come un´enterite interstiziale cronica.

In genere, la malattia interessa l´ileo terminale per una lunghezza variabile compresa tra i 20-25 ed i 40-50 cm. Sui trattati medici spesso si legge che la superficie esterna dell´ileo è ricoperta da uno strato di fibrina oppure che presenta aderenze diffuse, che saldano l´ileo terminale alle strutture circostanti a causa della flogosi cronica che coinvolgerebbe la superficie sierosa (o peritoneale) dell´ileo terminale malato. Ma i chirurgi sanno perfettamente che le cose non stanno così e che, se il caso di ileite che si sta operando non si è complicato con una perforazione, il peritoneo può apparire talvolta ispessito, quindi opacato, ma sempre liscio, lucente e libero da aderenze grossolane. Sulla superficie esterna si osserva comunemente il cosiddetto fat-wrapping . Anche il mesentere è aumentato di spessore a causa di un edema che al tavolo operatorio rende incerta e difficoltosa l´osservazione in trasparenza della disposizione dei vasi sanguigni.

Quando il paziente viene operato con l´indicazione più comune che è quella di un´ostruzione intestinale cronica, a monte dell´ileo terminale occluso e sede dell´ileite terminale è presente un ileo sano, dilatato e disteso dal contenuto intestinale, nel quale la parete è ancora ispessita (come si può constatare stringendola tra indice e pollice per misurarne lo spessore), anche se in maniera più modesta, a causa dello stato di occlusione intestinale cronica. Continuando in direzione prossimale la distensione dell´ansa si attenua progressivamente, fino a che, alla distanza di circa un metro, il tenue riacquista il suo calibro normale. E´ anche per questa dilatazione considerevole che è difficile stabilire all´esame esterno dove sia situato il limite prossimale delle lesioni.

Quando invece l´indicazione operatoria è data da un´ileite terminale complicata dalla perforazione, quindi dalla formazione di un ascesso e successivamente di una fistola, l´ileo è saldato ai visceri vicini da un complesso di aderenze fibrose, assai tenaci, che coinvolgono l´omento, altre segmenti dell´intestino tenue e spesso anche il sigma-retto e la vescica.

Per osservare la superficie interna (o mucosa) dell´ileite terminale al termine della resezione chirurgica, si apre l´intestino lungo il bordo antimesenterico. La prima cosa che colpisce è l´ispessimento della parete intestinale, che può anche superare il centimetro di spessore (in condizioni normali la parete dell´ileo è spessa circa 3 millimetri) A causa di questo ispessimento fibroso, il tenue conserva rigidamente la sua forma tubulare (anziché piegarsi su se stesso) tanto che, se si vuole esaminare la superficie mucosa, è necessario allontanare i due margini e mantenerli aperti. Sulla superficie interna sono scomparse le valvole conniventi ; la mucosa è largamente ulcerata e presenta il tipico aspetto dell´acciottolato; nelle fasi conclamate della malattia le ulcere tendono a diventare lineari e parallele, a binario, della larghezza di circa 1 cm, penetrano nella parete intestinale fino alla tonaca muscolare propria e sono nettamente demarcate; si ritiene che siano il risultato della confluenza e quindi dell´unione tra loro delle ulcere aftoidi.

Procedendo in direzione prossimale (cioè dove l´intestino non è più malato), tornano le valvole conniventi, dapprima ancora ingrossate a causa dell´edema poi con il loro aspetto normale di pieghe trasversali sottili e delicate. Nella mucosa normale dell´intestino a monte dell´ileite terminale ci può essere qualche afta o qualche piccola ulcera aftoide.

In molti casi operati per ostruzione cronica, la stenosi intestinale è veramente notevole perché il lume dell´intestino è ridotto ad un esiguo e minimo passaggio. Non è raro nei rari casi operati d´urgenza per un´ostruzione che non si risolve trovare il lume intestinale residuo ostruito da materiale solido in transito (in genere frammenti vegetali, come ad esempio i semi dell´uva).

Esaminando questo materiale chirurgico, mi sono fatto l´idea che nella MC l´occlusione intestinale possa verificarsi anche con un altro meccanismo (diverso da quello di un frammento alimentare non digerito). In altre parole, sono convinto che la trasformazione fibrosa della parete dell´ileo terminale malato irrigidisca la parete intestinale e la trasformi in un tratto di intestino non più percorso dalla normale peristalsi intestinale . In una condizione di questo genere, la progressione del contenuto intestinale è ostacolata non solo dalla riduzione del lume intestinale, ma anche dalla rigidità della parete. Si viene così a creare un segmento di intestino aperistaltico, nel quale il transito del contenuto è possibile soltanto in virtù della vis a tergo cioè dalla pressione retrograda generata dai tratti un cui è presente una normale spinta peristaltica.

L´ileo-colite destra è una forma frequente, che si verifica quando l´ileite terminale è associata a lesioni della parte destra del colon. Ricordo che lo stesso Crohn dubitò per molti anni di questa possibile associazione, non riuscendo a spiegarsi come la malattia potesse interessare due parti d´intestino così diverse per la loro anatomia e per la loro fisiologia e che per di più separate da una valvola (valvola ileo-cecale). L´associazione tanto frequente tra le lesioni dell´ileo e le lesioni del colon destro trova la sua spiegazione nel ruolo fondamentale che i vasi linfatici svolgono nella MC e cioè col fatto che, pur appartenendo a due settori diversi dell´intestino, ileo terminale e colon destro sono drenati dallo stesso collettore linfatico, che decorre satellite dei vasi ileocolici. Nell´ileo-colite destra, le lesioni del colon possono limitarsi al cieco, ma generalmente interessano anche il colon ascendente fin verso l´angolo destro. In queste forme, a livello del colon ascendente si possono osservare le skip areas, che corrispondono ad aree "saltate" dalla malattia (cioè lasciate indenni, quindi normali all´esame macroscopico ed istopatologico) diversamente dalle skip lesions, che corrispondono ad aree sulle quali è presente la malattia. L´unico modo che esiste per spiegare la loro esistenza è ancora una volta quello dei vasi linfatici, cioè che il vaso linfatico che drena la skip area sia rimasto indenne e quindi in grado di drenare la linfa del segmento d´intestino saltato.

Per ileo-colite totale si intendono quelle forme di MC nella quali l´ileite terminale si associa a lesioni del colon destro e del colon sinistro (cioè alla metà sinistra del colon trasverso, al colon discendente ed al sigma, con un coinvolgimento di questo di svariata estensione), che in genere si arrestano a livello dell´ampolla rettale, anche se talvolta anche il retto può essere colpito. Tuttavia, a differenza della colite ulcerosa che non interessa il canale anale, la MC che interessa il retto, sommandosi alle lesioni del colon, si estende di solito al canale anale ed al perineo.

Le coliti solitarie sono le forme più incerte della MC perché sono isolate (cioè non si accompagnano ad un´ileite terminale), che colpiscono il grosso intestino nella sua parte sinistra, lasciando libero il colon destro e il settore ano-perineale, che di solito si manifestano in soggetti anziani (oltre i 50 anni), difficili da diagnosticare perché questa parte del grosso intestino è sede di altre patologie intestinali (come la malattia diverticolare e la colite ischemica).

Le skip lesions sono lesioni della MC localizzate a livello del digiuno e dell´ileo prossimale. Spesso multiple, di estensione modesta (pochi centimetri), quindi anulari e stenosanti, compaiono nel corso di un´ileite terminale. Per il loro aspetto, esse rappresentano una conferma che la MC non è un´enterite, ma un linfedema perché soltanto una lesione dei vasi linfatici può determinare una morfologia di questo genere. Per queste lesioni sono stati ideati interventi che risparmiano l´intestino (cioè evitano di resecare parti troppo lunghe d´intestino) che sono le stritturoplastiche. Tuttavia, questi interventi possono essere eseguiti con successo solo quando queste lesioni sono per così dire "mature", cioè quando la malattia è nella sua fase fibrotica e non più edematosa.

Questo perché nella fase edematosa si rischia che i punti di sutura non reggano e che si verifichi una deiscenza della sutura con conseguenze sempre molto preoccupanti. Ed è per questo motivo tutt´altro che banale che, quando un chirurgo incontra delle skip lesions stenosanti in fase edematosa, dovrebbe limitarsi ad una semplice dilatazione intestinale, anziché procedere ad una stricturoplastica.

2. L´ISTOPATOLOGIA DELLA MC

Per far capire al Lettore le difficoltà che si incontrano nel descrivere l´istologia della MC, ritengo opportuno fare le seguenti riflessioni personali prima di esaminare l´istologia propria della MC.

1. Se consultate la pagina realizzata da Wikipedia per la MC, vedrete che il sito tratta esaurientemente ed anche con competenza i vari aspetti della malattia, dall´epidemiologia alle cause (eziologia), dalla diagnostica alla terapia, ma non parla affatto dell´istopatologia della malattia. Ritengo che la causa di questo mancanza stia nell´incapacità di stabilire con certezza a quale processo patologico appartenga la MC.

Molti Studiosi definiscono la MC come una malattia infiammatoria cronica perché nel contesto della parete intestinale sono presenti cellule infiammatorie e perché la malattia ha un andamento cronico; altri la definiscono come una malattia immunologico-infiammatoria per la presenza di queste cellule infiammatorie acute e croniche e di un´elevata concentrazione di citochine nella parete dell´intestino malato. Tuttavia queste definizioni non spiegano a quale processo patologico corrisponda la MC. In altre parole, la MC non è una malattia infettiva, non è una malattia infiammatoria acuta (anche se l´infiammazione fa parte del suo quadro patologico) o cronica (anche se il suo andamento è cronico), non è una malattia autoimmunitaria causata da una reazione antigene anticorpo rivolta contro materiale self (cioè proprio dell´organismo umano), non è una malattia vascolare causata da un danno dei vasi sanguigni, non è una malattia tumorale, non è una malattia degenerativa, non è una malattia metabolica. Allora cos´è la MC?

Benché sia certamente difficile scoprire l´eziologia di una malattia, perché deve essere tanto difficile capire a quale processo istopatologico corrisponde la MC quando le alterazioni istopatologiche causate dalla malattia (che sono quelle che permettono al Patologo di porre diagnosi di MC) sono osservabili in ogni vetrino di MC, di ogni paziente affetto da MC? E´ perché ancora oggi non esiste un´ipotesi a questo riguardo, anche soltanto remota? E perché a nessuno viene in mente che risolvere il mistero dell´istopatologia della malattia, analogamente a quanto avvenuto per altre malattie, potrebbe aiutare a capire di più della MC e probabilmente a trovarne la causa? Anche perché quando si parla di istopatologia è come parlare di chirurgia: si parla cioè di fatti concreti e non di ipotesi astratte che devono essere dimostrate prima e confermate poi!

In realtà, nel 1954, due patologi dell´Harvard Medical School, S. Warren e S.C. Sommers , definirono la MC come "an elephantiasis of the intestinal wall" . Tuttavia, nel lavoro originale di questi due autorevoli Patologi, questa definizione venne data tout court, cioè senza spiegare come si arrivasse a questa condizione assolutamente unica in tutta la patologia umana. Forse è per questo motivo che la conclusione di S. Warren e S.C. Sommers non ha trovato molti estimatori e col tempo è stata completamente dimenticata.

Certamente questo aspetto ha sempre stimolato l´innata curiosità scientifica di mio padre, Luigi Tonelli , che alla fine degli anni ´90 decise di rivedere i vetrini relativi ai pezzi operatori di un centinaio di casi di ileite e di ileocolite di Crohn, che aveva operato negli anni ´70 e ´80 nella Clinica Chirurgica dell´Università di Firenze da lui diretta per cercare di dare una risposta ai quesiti ancora irrisolti della MC. Coinvolto in questo lungo studio, è per questo motivo che ho imparato a riconoscere la MC al microscopio ottico e che scrivo queste cose!

2. E´ necessario distinguere il materiale sul quale il Patologo esegue l´esame istologico. Il Patologo infatti può esaminare un frammento della parete intestinale prelevato nel corso di un esame endoscopico (cioè una biopsia) che al massimo comprende la mucosa e la sottomucosa oppure un frammento a tutto spessore della parete intestinale che può essere ottenuto soltanto dopo un intervento chirurgico di resezione intestinale. Esiste una profonda differenza tra questi due tipi di esame.

Nel caso dell´esame istologico eseguito su una biopsia intestinale, il materiale è generalmente esiguo e il più delle volte non consente di giungere ad una diagnosi di certezza, ma solo di "compatibilità" con la MC. Questo perché in un prelievo di mucosa e sottomucosa l´unico reperto che potrebbe essere significativo per la diagnosi di MC è rappresentato dalla presenza di un granuloma, reperto infrequente nei prelievi bioptici, che può essere causato anche da anche altre patologie intestinali. Se poi il prelievo ha ottenuto soltanto un po´ di mucosa intestinale, anche quella ulcerata, il Patologo potrà dimostrare soltanto la presenza di cellule infiammatorie che rappresentano un reperto aspecifico, che è appunto compatibile con la MC ma certamente non permette di fare diagnosi di certezza di MC.

A questo proposito, è utile ricordare che secondo le line guida della ECCO (European Crohn´s and Colitis Organization), per la diagnosi di MC su un prelievo bioptico è necessaria la presenza combinata dei seguenti reperti microscopici: un´infiammazione focale cronica, costituita da linfociti e plasmacellule; un´infiammazione cronica patchy (cioè a toppe); una distorsione discontinua delle cripte ghiandolari; la presenza di un granuloma; e in aggiunta un´architettura irregolare dei villi intestinali. Tuttavia, come detto, questi reperti sono del tutto aspecifici e quindi, a mio modo di vedere, del tutto insufficienti, anche quando presenti contemporaneamente, a porre diagnosi di certezza di MC.

A questo riguardo, mi piace ricordare un aneddoto di molti anni che risale alla fine degli anni ´90, quando ebbi occasione di assistere ad un Convegno sulle IBD al quale partecipavano Gastroenterologi endoscopisti provenienti da vari Paesi europei. A un certo punto della tavola rotonda nella quale si parlava di diagnosi di IBD, il moderatore rivolse agli altri partecipanti la seguente domanda: "Capita anche a voi che quando inviate una biopsia intestinale il Patologo dia una risposta coerente con quanto voi stessi avete prospettato ?". La risposta dei Partecipanti fu affermativa. All´unanimità.

Tuttavia la cosa più sorprendente fu la successiva domanda: "Avete mai provato a scrivere nella voce "orientamento diagnostico" una diagnosi diversa da quella che Voi pensavate? Ad esempio scrivere "colite ulcerosa" anziché "malattia di Crohn?". Fu lo stesso Relatore a rispondere. Se cambiava l´orientamento diagnostico, il Patologo confermava quasi sempre l´orientamento suggerito dall´Endoscopista. L´affermazione del moderatore fu per me sorprendente! Ma soprattutto mi fece capire che i Patologi non solo assolutamente in grado di fare una diagnosi di certezza soltanto su un prelievo bioptico in corso di un esame endoscopico.
Al contrario, quando il Patologo ha la possibilità di esaminare una sezione a tutto spessore (in pratica una vera e propria fettina) di parete intestinale prelevata da un tratto di intestino malato di MC, la diagnosi di MC è certa perché il quadro istologico della malattia presenta alcune caratteristiche che lo rendono unico ed inconfondibile.

3. Per diventare conclamata (e per conclamata intendo raggiungere quello stato che ne rende chiara la diagnosi anche semplicemente osservando l´intestino malato nel corso di un intervento chirurgico), la MC richiede molto tempo. Nessuno è mai stato ed è in grado di stabilire quanto lungo sia questo tempo, dalle sue fasi iniziali alla fase della malattia conclamata. Per questo motivo, è difficile stabilire quali siano le lesioni istologiche iniziali della malattia dal momento che nessuno sa quando abbia inizio la malattia, poiché il più delle volte i disturbi che essa causa sono attribuiti a problemi gastrointestinali banali per i quali a nessun Medico verrebbe mai in mente di far fare una colonscopia ad un suo assistito che soffre di diarrea solo da qualche tempo.

Inoltre in molti pazienti la colonscopia non viene completata dall´esame ispettivo dell´ileo terminale (ileoscopia) per vari motivi (dolore avvertito dal paziente, eccessiva durata dell´esame, difficoltà a oltrepassare la valvola ileo-cecale, eccessiva lunghezza del colon, mancata richiesta di questo supplemento di esame da parte del Medico curante, ... ) che, come già detto, rappresenta la sede più frequente della malattia, vanificando quindi l´utilità di un esame che è fondamentale ai fini di una corretta diagnosi.

Tornando al problema delle lesioni intestinali iniziali della MC, proprio a causa del lungo tempo che la malattia richiede per manifestarsi, non esiste un unanime accordo nello stabilire quali siano le lesioni intestinali iniziali della malattia da parte degli esperti. Personalmente ritengo che le lesioni iniziali della malattia siano quelle del linfedema.

4. Per il fatto di essere una malattia di lunga durata, in un stesso segmento di intestino malato possono coesistere reperti patologici recenti (come le afte , le ulcere aftoidi e la dilatazione dei vasi linfatici presenti nei villi intestinali, detti più propriamente vasi chiliferi) insieme a reperti patologici di più vecchia data (come ad esempio le ulcere e la fibrosi della parete intestinale).

5. Generalmente in un trattato gli aspetti patologici di una malattia intestinale vengono descritti iniziando dalla mucosa (cioè la parte interna dell´intestino) per poi considerare gli altri strati della parete intestinale (lamina propria, muscolaris mucosae, sottomucosa, muscolare, sottosierosa) fino all´ultimo rappresentato dalla sierosa, dopo aver confrontato al microscopio ottico gli eventuali reperti anomali con i reperti normali della parete intestinale normale.

Nel caso della MC la descrizione delle lesioni documentabili al microscopio ottico non segue quest´ordine logico, ma molto spesso ogni Patologo descrive le alterazioni causate dalla malattia nella parete intestinale dando la precedenza ai cambiamenti che reputa più caratteristici. Esprimendo un´opinione personale, in questo modo viene a mancare quella semplice descrizione che permette anche a chi non è Patologo (ma pur sempre laureato in Medicina) di capire o comunque di farsi un´idea su che cosa sia o possa essere la MC.

Continua: quinta parte dell´articolo del Dr Pietro Tonelli
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17) Crohn BB, Ginzburg L, Oppenheimer GD. Regional ileitis. A pathologic and clinical entity. JAMA 1932; 99 : 1323-9.

18) Dalziel TK. Chronic interstitial enteritis. Brit Med J 1913; ii : 1068-70.

19) Il fat-wrapping o creeping-fat è un fenomeno considerato caratteristico della MC, tanto che alcuni chirurghi lo utilizzano per capire fin dove si estende la malattia e stabilire il limite di resezione chirurgica. Viene indicato come un´ipertrofia adiposa, cioè un aumento apparente del tessuto adiposo sottosieroso dell´intestino che è in continuità col tessuto adiposo del mesentere, così che il tessuto adiposo si distende sull´intestino in forma di un manicotto di grasso, in misura molto maggiore di quanto avviene normalmente. Tuttavia, ciò che determina il fenomeno non è un aumento del tessuto adiposo, bensì un aumento di volume della tela sottosierosa prodotto dall´edema linfostasico causato dal fatto che i linfatici della sottosierosa sono dilatati ed ostruiti dalla linfangite linfocitaria (che verrà descritta successivamente).

20) Le valvole conniventi sono le pliche trasversali della mucosa dell´intestino tenue, che sporgono nel lume intestinale.

21) Per peristalsi intestinale si intende la contrazione ordinata e coordinata della muscolatura liscia intestinale che determina un movimento simile ad un´onda che consente la progressione del contenuto intestinale.

22) Nel caso specifico, per vis a tergo intendo l´energia cinetica prodotta dalla peristalsi dell´intestino sano posto a monte del tratto di intestino malato che è in grado di spingere il contenuto intestinale attraverso il tratto di intestino malato dove la trasformazione fibrosa impedisce la progressione dell´onda peristaltica.

23) Warren S, Sommers SC. Pathology of regional ileitis and ulcerative colitis. JAMA 1954;154:189-193.

24) Elefantiasi e linfedema sono sinonimi che indicano lo stesso processo patologico.

25) Luigi Tonelli, mio padre, compie i suoi studi universitari presso la Facoltà di Medicina dell´Università degli Studi di Pisa, dove si laurea con il massimo dei voti e lode nel 1938. Dopo aver conseguito l´Abilitazione alla professione medico-chirurgica presso l´Università degli Studi di Perugia, come era consuetudine in quegli anni lontani, entra come assistente volontario presso la Cattedra di Anatomia e Istologia Patologica dell´Università degli Studi di Firenze, diretta dal Prof. Antonio Costa, conseguendo la Libera Docenza nella stessa materia nel 1943. Nel 1944, come assistente volontario, segue il Prof. Pietro Valdoni, una delle figure emergenti della chirurgia italiana destinato a diventare uno dei chirurghi più importanti del nostro Paese, prima presso la Cattedra di Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica dell´Università degli Studi di Firenze (1944-1946) e poi presso lo stesso Istituto dell´Università degli Studi di Roma (1946-1954). Nel 1951 consegue la Libera Docenza in Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica. Nel 1954, con il ruolo di Professore Incaricato, dirige la Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica dell´Università degli Studi di Perugia. Nel 1961 passa a dirigere sempre con il ruolo di Professore incaricato la Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica dell´Università degli Studi di Pisa, dove poco dopo consegue il titolo di Professore Ordinario di Patologia Chirurgica. Nel 1964 torna a Firenze per dirigere prima l´Istituto di Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica e poi quello di Clinica Chirurgica, nonché la Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale. Ha il pensionamento nel 1985, ma continua a esercitare la professione chirurgica per altri 10 anni. La Facoltà di Medicina e Chirurgia dell´Università degli Studi di Firenze gli riconosce il titolo di Professore Emerito di Chirurgia. Muore a Firenze, il 15 maggio 2006. Non perché è stato mio padre, ma Luigi Tonelli è stato un grande uomo. Grandissimo e instancabile lavoratore, è stato un chirurgo formidabile, adottando spesso innovazioni pionieristiche: abile, veloce, preciso, con una tecnica invidiabile! Con una volontà ferrea, è sempre stato appassionato del sapere e della ricerca scientifica: ha svolto moltissimi studi, trovando soluzioni dottrinali e tecniche a tanti problemi chirurgici. Mi ha sempre colpito la sua grande cultura. Grande oratore, quando partecipava ad un Congresso in qualità di relatore, le sue relazioni erano originali, esaustive e brillanti; quando interveniva in un dibattito congressuale, faceva tremare i relatori per la sua enorme esperienza chirurgica e la sua grande cultura. Possedeva una grande ironia e amava gli scherzi, molti dei quali vengono ancora ricordati nelle sale operatorie e tra i Chirurghi che lo hanno conosciuto. Oltre alla passione per lo studio e per la chirurgia, a me ha insegnato l´amore e il rispetto per il Malato, che è sempre stato al centro della sua attività lavorativa. E´ stato un grande onore per me aver avuto la possibilità di lavorare al suo fianco per tanto tempo!

26) Compatibiltà significa che le lesioni descritte dal Patologo potrebbero essere, come non esserlo, tipiche di una MC.

27) Nei moduli che devono essere compilati per richiedere un esame istologico, c´è sempre una voce intitolata "orientamento diagnostico", nella quale il richiedente (in questo caso l´Endoscopista) riporta l´idea che si è fatto sul caso che sta esaminando. A sua volta, questa idea si basa sia sui dati anamnestici (la storia dei disturbi riferiti dal paziente nel tempo, le eventuali precedenti diagnosi, gli eventuali accertamenti diagnostici eseguiti, le terapie a cui è o è stato sottoposto, gli eventuali interventi subiti, ...), sia sull´aspetto delle lesioni intestinali che l´Endoscopista osserva nel corso dell´esame endoscopico (che rappresenta un esame diagnostico di per sé perché spesso le lesioni intestinali hanno un aspetto morfologico caratteristico che consente, appunto, di formulare un orientamento diagnostico).
28) Le afte corrispondono a raccolte di linfa tra l´epitelio e la membrana basale.

29) Le ulcere aftoidi sono piccole ulcere fortemente demarcate o anche erosioni circondate da mucosa sana; tipicamente sono localizzate al di sopra di un follicolo linfoide (o aggregato linfoide) preesistente. Secondo il mio punto di vista, possono essere il risultato della rottura delle afte e della loro successiva contaminazione da parte del contenuto intestinale.

Continua: quinta parte dell´articolo del Dr Pietro Tonelli